L'opera di Antonio Fiorillo nasce dall'inatteso periodo di sospensione delle normali attività e di isolamento che ci ha riguardato a causa dell'avvento imprevisto e sconvolgente del virus covid. In questo periodo di calmo ritiro - in cui Fiorillo ha continuato a svolgere il suo lavoro di coltivatore vinicolo - la mente e il corpo non hanno cessato di inoltrarsi nei percorsi aperti dal pensiero, dall'immaginazione, e dalla riflessione sollecitata dallo spettacolo che la natura offre allo sguardo di chi sa ancora stupirsi.
E, così, è nata questa raccolta di poesie, che si presentano come brevi e piacevoli riflessioni sulla natura e si rivolge, come ogni opera scritta per i bambini, al bambino universale che dimora in ogni uomo e che è ancora pronto a rispondere ai richiami del magico e del fantastico.
Nei versi di Fiorillo gli animali e gli eventi naturali sono dotati di finalità, ma piuttosto che fornire insegnamenti esemplari da seguire, sembrano sussurrare all’orecchio dell’uomo - nell’epoca storica nella quale stiamo vivendo, dilaniata dalla dissoluzione e dal dissesto degli ecosistemi che trovano la loro causa nell’economia predatoria e nell’invasione antropica degli spazi naturali - l'importanza di una nuova convivenza e di un rinnovato equilibrio tra uomo e natura.
Di interesse, poi, la continua tensione nei confronti della lingua madre, che, conformemente all’origine toscana e pistoiese dell’autore, è il dialetto fiorentino, e si esplica in uno sguardo rivolto verso i grandi e venerandi padri della lingua italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio. Tradizione che si esprime attraverso la tendenza alla scioltezza del verso e alla facilità della rima, quasi connaturata all’espressione linguistica del toscano.
:L’ascendenza di Boccaccio è riscontrabile, tra l’altro, nel periodo di sospensione e di lontananzache fa seguito all’avvento di un’epidemia che costringe gli uomini a isolarsi e distanziarsi dalla collettività, e che, come sappiamo, costituisce la causa occasionale e la cornice narrativa dei racconti del Decamerone. Nell’opera di Fiorillo sono, altresì, continui i richiami agli effetti del virus e della quarantena alla quale siamo forzatamente sottoposti. Epoca di ritiro, ma anche sollecitazione ad intraprendere un viaggio inedito nella propria interiorità e, altresì, occasione di risveglio di rinnovati stimoli e aspirazioni latenti.
Venendo agli aspetti più tecnici dell’espressione poetica dell’autore - del quale ricordiamo la precedente raccolta Incanti -, il privilegio assegnato all’ottonario quale espressione che caratterizza l’andamento ritmico cadenzato tipico delle filastrocche e delle poesie per bambini - ma anche di una consistente e importante produzione della nostra poesia - in Fiorillo assume un andamento più discontinuo e vario.
Questa resa poetica è dovuta, sia ad un lavoro accorto sulla parola, sia alla variazione del ritmo ottenuto soprattutto attraverso assonanze che rompono la ripetizione ritmica delle rime, ma anche su variazioni negli accenti interni del verso, e al ricorso alla ripetizione insistita delle parole, dilatata fino ad occupare l’intero spazio del verso.
Inoltre, un ruolo altrettanto significativo è rappresentato, in ambito semantico, dall’ingresso, evidente soprattutto in alcune poesie, dell’io narrante, che descrive se stesso in terza persona come uno degli elementi della narrazione e interagisce con gli esseri animati e inanimati che stanno alla base del racconto.
Si istituisce, in tal modo, un dialogo paritetico tra l’uomo, gli animali e la natura in cui l’uomo stesso è uno degli elementi: narratore e narrato, soggetto e oggetto condividono lo stesso luogo della narrazione e interagiscono in un tempo esclusivamente segnato dal ritmo dell’alternarsi dei giorni e delle stagioni, e totalmente scevro dalla misurazione digitale operata dalle macchine che pervadono la vita dell’uomo tecnologico.
Le singole poesie, sebbene siano unità a sé stanti e indipendenti, costituiscono un insieme unito e coeso, sia sotto l’aspetto dei temi trattati, sia per l’unità stilistica dei componimenti.
Altro aspetto riguarda, poi, lo sguardo tenero e indulgente dell’autore, che sembra quasi aprire un diaframma di luce su animali e fenomeni naturali, alla ricerca della bellezza e della sapienza celata nella natura.
Nostalgia del sacro e dell’arcaico traspaiono nella semplicità e nell’immediatezza dei brevi racconti in versi, nel desiderio di restituire e di comunicare i momenti di serenità e di pace vissuti a contatto con un ambiente dove non giungono le ansie e le preoccupazioni quotidiane.
D’altro canto, il semplice rivolgersi agli animali, ai fenomeni naturali, alla madre, alle creature del bosco, cosa altro è se non un tornare all’epoca arcaica dove la vita umana era plasmata dall’essenza mitica? E il farlo con versi ritmici nella forma di filastrocche cos’è se non un ritornare al tempo in cui l’uomo parlava alle divinità che prendevano la forma di animali ed eventi atmosferici, e lo faceva con versi salmodiati e cantilene? Infine, lo stesso rivolgersi agli animali e agli agenti naturali, parlando alla loro anima, quasi ad evocare la loro indulgenza e carpirne la benevolenza nei confronti degli esseri umani, cos’altro è se non la forma più primitiva e arcaica di preghiera?
Infine, chiudiamo con l’evocazione alla madre, rappresentata nel senso ancestrale di donna-dea e fonte di vita, che, sempre con il carattere ambiguo e ambivalente del mito - che sta all’origine di ogni espressione poetica e artistica - si esprime metaforicamente con il frutto rigoglioso che sgorga da dal frammento secco di una vite che si erge e spicca quasi a monumento della vita.